Patty Pravo, 50 anni di carriera e non sentirli
Post on: 22 marzo 2019
Basilio Petruzza
In foto, la cantante Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo
Patty Pravo ha esordito nel 1966 e oggi, nonostante cinquantatré anni di distanza, ha ancora senso parlare di lei. Non (solo) come un monumento da celebrare ma come una storia in pieno corso che sa sorprendere e deludere, provocare e affascinare, e che di certo non suscita mai reazioni tiepide. La musica di Patty Pravo è viva e vegeta, non si ripiega su se stessa, non si trascina; racconta invece la personalità di un’interprete sfacciata, sensuale, determinata, anticonvenzionale, seducente.
A oltre cinquant’anni dal suo esordio, Patty porta ancora con grande dignità il suo nome: Pravo, come le anime prave dell’inferno dantesco, da cui trae ispirazione. È una peccatrice, una donna con tanta vita alle spalle e sulle spalle, con pochi ricordi cui restare fedele, sempre in evoluzione, attenta a non inciampare nella malinconia, trasgressiva, disincantata, viva. A primo impulso mi verrebbe da dire che Patty Pravo sia un’artista moderna ma questa definizione, inevitabilmente, finirebbe per sminuirla. Patty, piuttosto, è un’artista all’avanguardia; non si è mai accontentata di essere a suo agio nel presente e ha sempre preferito muoversi in direzioni inedite, tradire le certezze, non mimetizzarsi con le mode, inventarne di nuove. Questo le ha permesso non tanto di anticipare il futuro ma di crearne uno da zero.
Patty Pravo non è un monumento, è una donna; le canzoni che canta parlano ancora esattamente di lei, della sua natura inquieta, ribelle, spudorata, ironica, e gli autori che ha scelto di avere al suo fianco in questo nuovo progetto sembrano riuscire a tratteggiarne la personalità in maniera esaustiva e precisa.
Cosa vuol dire, esattamente e concretamente, creare il futuro per un’artista pop nata artisticamente in un periodo di fermento culturale, sociale e politico come quello a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta? Vuol dire, per esempio, cantare un brano sulla maternità e sulla pillola anticoncezionale nel 1974 (Quale signora, contenuto nell’album Mai una signora pubblicato nello stesso anno); vuol dire essere una artista irrequieta e trasgressiva, assertrice dell’amore libero quando ancora una donna veniva giudicata priva di virtù soltanto se fumava in pubblico; vuol dire esibirsi in minigonna (Patty fu una delle prime a portarla) per ribellarsi a una società maschilista e retrograda che non vedeva di buon occhio la figura di una donna che difendeva la propria femminilità; vuol dire non fossilizzarsi in un solo genere musicale e proporsi sempre in vesti inedite – tant’è che Patty Pravo è nata con la beat music per poi passare alla canzone d’autore (italiana e francese), al rock, al funk, all’elettronica; vuol dire assecondare la noia e non il volere del pubblico, abbandonare le scene quando la gente ha iniziato a classificarla in un solo genere, in un solo ruolo, in un’immagine, in un look.
Questi sono solo alcuni dei tanti esempi che potrei fare per raccontare un’artista rivoluzionaria come Patty Pravo, un’artista che non ha mai temuto di non essere capita, che è stata, è e resterà iconica proprio perché non ha mai assecondato un gusto, l’ha creato, correndo sempre il rischio di non essere apprezzata – e di fatto qualche volta è successo; lei ha incassato il colpo ma non è tornata sui suoi passi perché Patty, uguale a se stessa, non lo è stata mai.
Red, il nuovo album di Patty Pravo
In foto, la copertina di Red, il nuovo album della cantante Patty Pravo.
Red, il suo nuovo album pubblicato a seguito della sua decima partecipazione al Festival di Sanremo (quest’anno al fianco di Briga, con cui ha cantato Un po’ come la vita), è un disco coerente con la donna che è oggi e che, in fondo, è la somma di tutte le Patty che è stata senza le aggravanti della nostalgia, del pietismo, della stanchezza, della distrazione, dell’autocelebrazione cui accennavo prima.
Molti lo fanno, a dire il vero: si autocelebrano, vivono al passato, puntano i riflettori sui tempi migliori e lasciano in ombra quelli peggiori, cantano canzoni che elogiano le vette raggiunte, pubblicano best of e ritirano premi alla carriera. Patty no, lei non è un monumento, è una donna; le canzoni che canta parlano ancora esattamente di lei, della sua natura inquieta, ribelle, spudorata, ironica, e gli autori che ha scelto di avere al suo fianco in questo nuovo progetto sembrano riuscire a tratteggiarne la personalità in maniera esaustiva e precisa. Tanti giovani, come sempre, l’hanno accompagnata nella realizzazione di Red, da Zibba ad Antonio Maggio, da Giuliano Sangiorgi a Giovanni Caccamo, da Placido Salamone a Diego Calvetti. Ascoltare quest’album significa conoscere Patty Pravo; donna dalla personalità dominante ma piena di fragilità che gli autori hanno saputo mettere in risalto.
Red, probabilmente non a caso, si apre con La peccatrice (l’arte di fingere), un brano che racconta la storia di una donna disillusa che affronta l’amore con determinazione e un carattere temprato dalle vicissitudini della vita e dal tempo. Un pezzo maturo che necessita dell’interpretazione intensa e passionale che Patty sa dargli. La peccatrice svela la forza e la delicatezza, l’orgoglio e la resa di una persona che ha imparato a parare i colpi del dolore, salvo infine arrendersi e confessare le proprie fragilità: «Sono io quella che ama / Sono io quella che non perdona / Sono io la peccatrice / Sono io quella più felice / Aggrappata ad ogni tenerezza / Adesso abbracciami, accarezzami / Perché questa è l’arte di fingere».
Spicca, poi, Padroni non ne ho, firmata da Antonio Maggio. Un pezzo che racconta di una donna forte, volitiva, indipendente, che sa ammaliare e lasciarsi sedurre dalle tentazioni («Ti appassionerò se vorrai sapere un po’ di me / Sono colpevole / E ti mentirò per farmi adorare / Ti prego resta qui / Che scivolare è un passo breve»).
Dove eravamo rimasti, firmata da Giuliano Sangiorgi, racconta invece la fine di una storia e le conseguenze che questo addio comporta; la stretta di mano di due che hanno toccato il cielo e il fango, che hanno condiviso un sentimento altalenante e passionale – «Dove eravamo rimasti / Non certo mica alle offese / In questa stretta di mano / Ci sono due vite arrese». Da segnalare, poi, Un giorno perfetto, in cui Patty canta «Io non mi innamoro mai» e La carezza che mi manca, firmata da Ivan Cattaneo, che ribadisce lo stesso concetto («L’amore forse è un’eco che io non sento»).
Patty Pravo ha dimostrato più volte che per lei la noia è libertà, perché significa che un ciclo di vita si è concluso e bisogna imboccare un’altra strada; significa che il terreno non è più fertile e non ha più senso piantarci radici.
L’ultimo brano del disco non è un pezzo qualunque: si intitola Io so amare così e porta la prestigiosa firma di Franco Califano. Il brano, un inedito del cantautore scritto appositamente per la Pravo, racconta Patty con grande delicatezza: ne viene fuori il ritratto di una donna indipendente, intraprendente, emancipata, che difende con convinzione la propria libertà, che non è soltanto la conquista di un momento, ma il solo modo che conosce per stare al mondo. Il pezzo si chiude con questi versi: «Ma sai già che amo i miei silenzi e la mia libertà / L’amore è libertà / La noia è libertà». Quest’ultima frase, più di tutte le altre, rappresenta esattamente il motto di Patty, la donna e l’artista: quando si annoia, quando non sta più bene nei propri panni, cambia direzione senza voltarsi più indietro. Patty Pravo ha dimostrato più volte che per lei la noia è libertà, perché significa che un ciclo di vita si è concluso e bisogna imboccare un’altra strada; significa che il terreno non è più fertile e non ha più senso piantarci radici; significa che restare fedele a se stessa è un modo per precludersi tutte le occasioni che la vita può ancora offrirle.
Red poteva essere un album celebrativo, nostalgico, rivolto al passato e invece è un disco che la mette a nudo un’altra volta. La Pravo, dopo cinquantatré anni di carriera, ha ancora qualcosa di sé da rivelare pur rimanendo una diva enigmatica e raffinata; dopo mezzo secolo di canzoni propone un disco fatto di brani d’autore che sanno restituire la forte personalità, la classe innata e tutta l’onestà della loro interprete. Ecco perché, dopo oltre cinquant’anni, ha ancora senso parlare di Patty Pravo. Allora parliamone, perché le nuove leve imparino cosa significa essere un’interprete senza tempo.